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Natural deep eutectic solvents (NaDES): green solvents for pharmaceutical applications and beyond
DOI: 10.1039/D4GC06386D, Critical Review


This review first provides a comprehensive overview of NaDES theory and subsequently explores all potential applications of NaDES in the pharmaceutical industry, highlighting overlooked issues such as toxicity and process limitations.
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Synergistic SiO2@NC core–shell nanospheres enhance catalytic hydrogenation of lignin-derived aromatic aldehydes
DOI: 10.1039/D5GC00857C, PaperQian Jiang, Shuguang Xu, Zuzhi Li, Xingjie Guo, Rui Zhang, Zhicheng Jiang, Bi Shi
The design of heterogeneous catalysts to enhance substrate adsorption and hydrogen spillover plays a key role in the hydrogenation of biomass-derived chemicals.
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Lignin valorization through microbial production of polyhydroxyalkanoates: recent trends, challenges and opportunities
DOI: 10.1039/D5GC00370A, Critical ReviewZhe Liang, Sivasamy Sethupathy, Dang Wenqian, Hu Jinhao, Daochen Zhu
This review explores recent advances in lignin depolymerisation and its conversion into polyhydroxyalkanoates (PHA) via microbial biotransformation. It evaluates the opportunities and challenges in enhancing sustainable PHA production from lignin.
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Order–disorder hybrid high-entropy Co–Cu-Fe–Mn–Ce oxides for photothermal CO2 hydrogenation
DOI: 10.1039/D5GC01073J, PaperXin-Yan Wei, Zhen-Hong He, Mei-Xia Yang, Hui Ma, Wen-Jing Shi, Kuan Wang, Hongye Zhao, Weitao Wang, Huan Wang, Zhao-Tie Liu
CoCuMnFeCeOx high-entropy oxides exhibit exceptional performance in the photothermal catalytic reduction of CO2 to CO.
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Correction: Chitosan-based inks for 3D printing and bioprinting
DOI: 10.1039/D5GC90073E, Correction


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Engineering Yarrowia lipolytica as a green yeast cell factory for de novo biosynthesis of daidzein and puerarin
DOI: 10.1039/D5GC00180C, PaperTao Qian, Wenping Wei, Jiayun Xu, Ping Zhang, Mengfan Li, Yihui Zhu, Xiaochuan Chen, Bang-Ce Ye
Isoflavones are natural polyphenolic secondary metabolites found in legumes and play crucial roles in human health.
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Biomass-derived sustainable hypergolic rocket propellants with hydrogen peroxide
DOI: 10.1039/D5GC00255A, Paper


To mitigate the harmful environmental impact of chlorinated combustion products arising from traditional rocket propellants and replace highly hazardous hydrazine-based propellants, biomass-derived sustainable rocket propellants are developed.
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Design of a cage–core–chain structure catalyst for deep catalytic oxidative desulfurization with enhanced substrate enrichment
DOI: 10.1039/D5GC00838G, PaperRan Liu, Chang Wang, Xiangxiang Gao, Chen Liu, Jianmin Lv, Yusheng Zhang, Xinying Liu, Ndzondelelo Bingwa, Yali Yao, Fa-tang Li
Developing composite metal–organic framework (MOF) catalysts that integrate target molecule enrichment and reactive oxygen species generation to enhance oil–water biphasic desulfurization efficiency remains challenging.
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Enhanced electrocatalytic CO2 reduction to methane via synergistic Sb and F dual-doping on copper foil under pulsed potential electrolysis
DOI: 10.1039/D5GC00648A, PaperKuan Wan, Xue Jiang, Xin-Peng Li, Zhe Cao, Zhen-Hong He, Weitao Wang, Huan Wang, Xiaojuan Lai, Zhao-Tie Liu
A copper foil-based catalyst with abundant interfaces was constructed through electrodeposition to achieve Sb and F dual doping on the copper surface, enabling efficient CH4 production through pulsed CO2 electrolysis.
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One-pot oximation-Beckmann rearrangement under mild, aqueous micellar conditions
DOI: 10.1039/D5GC00958H, PaperMaryam Nabi, Kirti Sharma, Raj S. Wandre, Amol B. Gade
A sustainable and eco-friendly approach to the one−pot oximation−Beckmann rearrangement has been developed, leveraging nanomicelles to facilitate the reaction in water under mild conditions.
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Efficient continuous flow oxidation of furfural to maleic anhydride using O2 as a green oxidant
DOI: 10.1039/D4GC06305H, Paper


Continuous flow operation greatly improved the oxidation of biorenewable furfural to maleic anhydride, achieving improved productivity while adhering to green chemistry principles.
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Le guerre sono anche un biocidio
Diego Tesauro
In questi tempi in cui i frastuoni di oltre 50 guerre sparse nel pianeta si fanno sentire ed il più forte vuole schiacciare il più debole, a dispetto del diritto internazionale, cade il 50esimo anniversario della fine della guerra del Vietnam con la conquista di Saigon il 30 aprile 1975. Questa guerra è stata la più cruenta, lunga (durò quasi 20 anni) e devastante combattuta dalla fine della seconda guerra mondiale con tre milioni di morti fra militari e civili da parte vietnamita e 60.000 da parte americana. Furono proprio le proporzioni del massacro, la volontà del più forte di prevalere sul più debole che hanno favorito la nascita di movimenti di protesta e pacifisti nel mondo occidentale. Ma ora è giunto il momento dopo 50 anni di chiedersi quale eredità abbia lasciato questa guerra. Tralasciamo la lezione che bisogna trarne dal punto di vista geopolitico e focalizziamoci su quello che è più consono alla nostra formazione, l’impatto sull’ambiente e sulla salute della popolazione L’ambiente è sempre uscito sconvolto dagli eventi bellici ed i teatri dei conflitti mostrano i danni inferti profondi anche a molti anni di distanza; e non ci stiamo riferendo a guerre combattute con armi nucleari, che ovviamente comporterebbero la scomparsa delle maggior parte delle forme di vita sulla Terra. Le Alpi portano a più di un secolo di distanza i segni della grande guerra o basta andare nelle Ardenne, per vedere ancora la devastazione dell’offensiva tedesca che si risolse con la decisiva vittoria degli alleati nella seconda guerra mondiale. E nel Vietnam? Se in questa guerra non sono state utilizzate armi chimiche al fine di uccidere militari e civili direttamente, come i gas nervini, le armi chimiche scelte furono gli erbicidi, oltre ad un numero cospicuo di “agrofarmaci”. Se quindi il danno alla salute umana non era intenzionale, almeno in linea principio, lo era il danno all’ambiente. Lo sforzo dell’esercito americano di denudare circa 2 milioni di ettari di foresta di mangrovia e 200.000 ettari di terreni agricoli era stato progettato per negare ai VietCong e alle truppe nordvietnamite cibo e copertura protettiva (figura 1a). All’epoca gli erbicidi venivano definiti, non con il loro nome chimico, ma con il colore usato per contrassegnare i barili. Una mezza dozzina di formulazioni, furono identificate come Agente blu (per danneggiare le coltivazioni), Agente Rosa, Agente Bianco o come soprattutto Agente Arancio, il più usato defoliante che quindi divenne il più famoso (Figura 1b).


Figura 1 (sopra, a) Una zona irrorata con erbicidi in Vietnam (sotto, b) un barile di colore arancio usato nella guerra
Questo agente era una miscela al 50% di due erbicidi, della famiglia degli erbicidi clorurati, disponibili in commercio, l’acido 2,4-diclorofenossiacetico e l’acido 2,4,5-triclorofenossiacetico (2,4,5-T) (figura 2).


Figura 2 Struttura dell’acido 2,4-diclorofenossiacetico (in alto) e l’acido 2,4,5-triclorofenossiacetico (2,4,5-T) (in basso)
Questi erbicidi erano presenti sul mercato da diversi decenni e prodotti da varie multinazionali come la Dow Chemical e la Monsanto. In Italia il 2,4,5-T era prodotto dalla tristemente famosa Icmesa di Meda, del gruppo Givaudan controllato da Hoffman La Roche, responsabile del disastro di Seveso. Il 2,4,5-T era stato sviluppato negli anni quaranta, sintetizzato dalla reazione del 2,4,5-triclorofenolo (TCP) e l’acido cloroacetico. Il 2,4,5-triclorofenolo (per la sintesi vedere nota) ad alta temperatura, ma al di sotto degli 800°C, forma 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina (TCDD) secondo la reazione riportata nella nota, per cui l’erbicida è contaminato da questa diossina, che oggi viene chiamata anche diossina di Seveso in quanto fuoriuscita dall’Icmesa nel 1976. Negli anni sessanta si credeva che i defolianti fossero innocui per l’uomo, anche se in realtà le imprese produttrici avevano già prove della sua tossicità per la presenza della diossina, i cui effetti non erano ancora del tutto noti. Alla fine degli anni ’60, esperimenti di laboratorio dimostrarono che il 2,4,5-T poteva causare anomalie e nati morti nei topi, e ci furono segnalazioni di difetti alla nascita nelle aree irrorate del Vietnam. Nel 1971, quattro anni prima della fine della guerra gli Stati Uniti abbandonarono la loro decennale campagna di irrorazione a seguito delle crescenti condanne internazionali e le preoccupazioni per la sicurezza. La concentrazione di diossina, stabilita successivamente all’uso del agente arancio, nei fusti era molto variabile da 6,2 a 14,3 ppm, con una media di 13,25 ppm a seconda delle ditte produttrici. Oggi, c’è un ampio consenso sul fatto che queste concentrazioni di diossina pongono seri rischi per la salute di coloro che sono direttamente esposti, compresi i cittadini e i soldati vietnamiti, nonché i membri delle forze armate degli Stati Uniti e di altri paesi che l’hanno aiutata durante la guerra: Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.
Negli Stati Uniti nel 1992, il Dipartimento degli Affari dei Veterani chiese all’Istituto di Medicina, oggi parte del NASEM, di rivedere la letteratura scientifica e fornire aggiornamenti biennali. L’ultimo di questi rapporti, Veterani e Agente Arancio, è apparso nel 2018 e ha identificato ben 19 tumori con prove “sufficienti” di un’associazione con l’esposizione agli erbicidi. Nel 2011 il Congresso degli Stati Uniti ha introdotto una legge a favore dei veterani americani e dei loro discendenti, colpiti dalla cloracne e da altre patologie. Secondo una sentenza della Corte Suprema di Seul (Corea del Sud) nel 2013 la Monsanto doveva rimborsare le spese per cure mediche a 39 veterani sudcoreani della guerra del Vietnam, avendo ammesso che la causa della cloracne dei militari è strettamente legata al loro contatto diretto con l’agente arancio.
Ma gli studi sulla tossicità della diossina hanno in gran parte lasciato aperta una delle domande più visibili e controverse che circondano l’Agente Arancio: se i composti rappresentano rischi non solo per coloro che sono stati direttamente esposti, ma per i loro figli. La preoccupazione per le generazioni future è stata provocata, in gran parte, dalla capacità di resistenza della TCDD. A differenza dell’erbicida stesso, che si decompone in poche ore o giorni, il TCDD può sopravvivere fino a 3 anni in un terreno esposto alla luce solare. Se lisciviato nei sedimenti di fiumi o stagni, può avere un’emivita di oltre 100 anni, un tempo più che sufficiente per essere raccolto da pesci, anatre e altri animali di cui le persone si nutrono, risalendo la catena alimentare e bioaccumulandosi nei tessuti adiposi a seguito della sua idrofobicità. Inoltre la diossina può essere anche inalata con la polvere contaminata e assorbita attraverso la pelle. Una volta nel corpo umano, la diossina può depositarsi nel seno e in altri tessuti adiposi e avere un’emivita da 7 a 11 anni. Può anche contaminare il latte materno ed essere trasmesso ai bambini che allattano. Dagli anni ’70, numerosi studi sugli animali hanno scoperto che i feti esposti alla diossina possono mostrare una vasta gamma di difetti alla nascita e problemi di sviluppo, suggerendo che un impatto sui feti umani è biologicamente plausibile. Ma documentarlo nel Vietnam si è rivelato difficile in quanto non è stato possibile condurre indagini scientifiche accurate.
Ora la maggior parte dei 101 milioni di abitanti sono nati dopo il 1971 e quindi lo studio potrebbe indirizzarsi verso i figli delle persone contaminate. I dati non sono disponibili per pure ragioni politiche da parte americana, ma anche paradossalmente vietnamita. Nel primo caso perché se si fosse dimostrato ciò che ci aspettava che l’esposizione agli erbicidi fosse collegata a difetti alla nascita – ci si sarebbe potuti aspettare che gli Stati Uniti pagassero un risarcimento ai bambini vietnamiti. In alternativa, se non fosse stato trovato alcun collegamento, ciò avrebbe potuto mettere in imbarazzo il governo vietnamita, che ha a lungo evidenziato i difetti alla nascita come il danno più importante dell’Agente Arancio. Recentemente Science ha fatto il punto della situazione sugli studi sulla propagazione alle future generazioni degli effetti della diossina.
Un unico studio sul latte materno è in corso ma è improbabile che lo studio fornisca una risposta definitiva alla domanda sui difetti alla nascita, in quanto la coorte esaminata è troppo piccola per indagare sulle anomalie congenite. Da alcuni studi precedenti in particolare, è stato scoperto che un alto livello di diossina nel latte materno – un proxy per l’esposizione fetale – è associato a una crescita fisica più lenta e a un ritardo nello sviluppo neurologico nei loro figli. I ragazzi mostrano difficoltà di apprendimento, ad esempio, mentre le ragazze mostrano disturbo da deficit di attenzione, iperattività e autismo. I documenti “forniscono una forte prova” che vivere vicino a siti contaminati dall’Agente Arancio può provocare un elevato carico corporeo di diossina che è associato a disturbi comportamentali nei bambini. Ora bisognerebbe continuare a seguire i bambini mentre invecchiano. Ciò potrebbe rivelare collegamenti tra l’esposizione alla diossina e i tumori e altre malattie che si manifestano nel tempo durante la vita. Si tratta di stabilire se l’esposizione abbia causato cambiamenti biologici fondamentali nelle persone che possono essere tramandati di generazione in generazione. Gli scienziati e i funzionari vietnamiti sostengono di vedere tali effetti multigenerazionali che provocano difetti alla nascita diverse generazioni dopo l’esposizione. E sebbene gli autori del rapporto NASEM del 2018 abbiano concluso che c’erano “prove inadeguate o insufficienti” degli effetti epigenetici, hanno fortemente incoraggiato ulteriori studi sulla questione. Cristina Giuliani, biologa antropologa dell’Università di Bologna, e colleghi della Hue University of Medicine and Pharmacy e dell’Università della California (UC), Riverside, si sono concentrati su un meccanismo epigenetico basato sulla metilazione del DNA e su come influisce sull’espressione di un particolare gene, il CYP1A1. Ebbene gli scienziati hanno concluso che la prole di genitori vietnamiti esposti all’Agente Arancio condivideva una firma distintiva di metilazione del DNA CYP1A1 che non è stata osservata nei figli di genitori senza esposizione, ciò non dimostra sperimentalmente che l’esposizione alla diossina sia trasmessa ai discendenti. E non affronta la questione se eventuali cambiamenti di questo gene siano dannosi, benefici o neutri. Ottenere risultati più certi su questi problemi, richiederebbe studi epigenetici che confrontino diverse generazioni di popolazioni esposte e non esposte.
Al di là di questi studi, che non chiariscono gli effetti sulle generazioni future, per quanto riguarda gli effetti a lungo termine della diossina, il mancato studio del caso vietnamita potrebbe essere un’occasione persa dalla scienza per saperne di più. Bisogna inoltre tener conto che per ragioni anche anagrafiche la popolazione direttamente esposta sta diminuendo. Dal punto di vista ambientale resta la devastazione di territori dove è presente la diossina; all’epoca, i critici della tattica coniarono un nuovo termine – “ecocidio” – per descrivere la distruzione diffusa. Nel 1983, 12 anni dopo la fine della campagna di erbicidi, Science riferì che gli scienziati vietnamiti che partecipavano a una conferenza a Ho Chi Minh City (il nuovo nome che ha assunto l’ex-capitale del Sud Vietnam, Saigon) avevano scoperto che molte foreste montane irrorate, che gli abitanti dei villaggi cercavano di convertire all’agricoltura, erano “inadatte alla coltivazione, ed il terreno si era coperto di “un’erba dalle radici profonde”. Un altro studio ha trovato solo 24 specie di uccelli e cinque mammiferi in una striscia di foresta pesantemente irrorata a terra; al contrario, due aree vicine indisturbate che ospitavano 145 e 170 tipi di uccelli e 30 e 55 specie di mammiferi. Anche in questo ambito a più di 50 anni dopo la fine dell’irrorazione, si sa poco del suo impatto ecologico a lungo termine ancora perché il Vietnam ha ora problemi di ambientali più urgenti, come l’inquinamento atmosferico sempre più grave da varie fonti, tra cui la combustione diffusa di rifiuti di plastica. Ai danni della guerra si stanno sommando i danni di uno “sviluppo” caotico, senza regole e senza rispetto. Il futuro per il Vietnam potrebbe essere dal punto di vista ambientale ancora più fosco. Nel paese c’è un’abbondanza di riserve minerarie di terre rare (stime del 2024 dell’USGS seconde solo alla Cina) e il suo sfruttamento, che per adesso non è ancora elevato. Gli Stati Uniti, già dall’era Biden, sono interessati a diversificare l’approvvigionamento per cui si prospetta una collaborazione con il governo vietnamita. Se questo evento è da considerarsi positivo, non lo è certamente per ulteriori studi sugli effetti della diossina nell’agente arancio durante la guerra in quanto è facile immaginare che sarà ancora maggiore interesse da parte dei due governi di stendere un velo di silenzio definitivo sui danni ambientali ed umani.
NOTA

Il (2,4,5-triclorofenolo) TCP è prodotto a partire da 1,2,4,5-tetraclorobenzene e idrossido di sodio in glicole etilenico e xilene a 170-180 °C. Questa reazione è fortemente esotermica a pressione atmosferica. In questa reazione si genera come sottoprodotto una piccola quantità di 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina (TCDD) a seguito di eliminazione di due anioni cloruro
Per chi vuole approfondire:
Stellman J.M. et. al. The extent and patterns of usage of Agent Orange and other herbicides in Vietnam Nature 2003, 422, 681-689.
Normile D. The fog of war Science 2025, 388, 350-353.
Sustainable thermochemical plastic valorization towards a circular economy: a critical review
DOI: 10.1039/D4GC06070A, Critical ReviewLiang Chen, Can Zhao, Xiangzhou Yuan, Huiyan Zhang, Maheshika Senanayake, Ondřej Mašek, Chao He, Yong Sik Ok
Emerging technologies-empowered thermochemical plastic valorization is developed for value-added products in green and practical manner, which are beneficial to achieving circular plastic economy and several UN sustainable development goals.
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Regeneration of iron species for high and stable activity of nickel electrodes in the oxygen evolution reaction
DOI: 10.1039/D5GC00114E, Paper


A regeneration strategy combined with the tuning of traces of iron in the electrolyte enabled achieving high activity and enhanced stability of nickel electrodes in the oxygen evolution reaction (OER).
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Catalytic alkaline hydrolysis of PET and BPA-PC waste in minutes at atmospheric pressure without microwaves or organic solvents
DOI: 10.1039/D5GC01183C, Communication


Rapid alkaline hydrolysis of PET, BPA-PC and mixtures of both is possible in minutes at atmospheric pressure through the combination of solute-derived boiling point elevation and phase transfer catalysis without requiring microwaves or cosolvents.
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An environmentally degradable Al–air battery to realize future green energy–matter flow
DOI: 10.1039/D5GC00460H, PaperJinrui Li, Yunhao Xu, Senlin Wei, Cheng Tong, Minhua Shao, Cunpu Li, Zidong Wei
A degradable Al–air battery is designed to power the future energy–matter flow driven by green electricity.
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Descriptor-driven design of carbon nitride for visible light photocatalysis
DOI: 10.1039/D5GC00353A, PaperXuying Li, Haoxin Mai, Tsuyoshi Takata, Nicholas Cox, Qi Li, Junlin Lu, Xiaoming Wen, Edwin L. H. Mayes, Salvy P. Russo, Takashi Hisatomi, Kazunari Domen, Dehong Chen, Rachel A. Caruso
Guided by d/p-band centers and effective mass descriptors, defect-engineered CN photocatalysts achieved a 6.7-fold increase in HER and 24.1-fold boost in H2O2 generation, showing strong potential for practical energy applications.
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Green in situ synthesis of ZIF-8 membranes on the inner-surface of PESf hollow fibers and application in hydrogen separation
DOI: 10.1039/D4GC06464J, PaperYifan Yang, Tengfei Yang, Lu Liu, Hanhan Chen, Wenxiu Zhang, Shaomin Liu, Xiaobin Wang
This work described a straightforward continuous flow growth method for fabricating ZIF-8 membranes on the inner surface of PESf-HFs, free from organic solvents and metal ions in the nutrient solution.
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Supramolecular assisted O-acylation of carbohydrates
DOI: 10.1039/D5GC00499C, Communication


A base-free, supramolecular assisted approach for the O-acylation of carbohydrates under mild conditions, using 18-crown-6 in combination with a catalytic amount of potassium fluoride.
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Catalyst- and solvent-free, atom- and step-economical synthesis of dithiophosphinates by one-pot domino introduction of sulfur atoms
DOI: 10.1039/D5GC00821B, CommunicationXiantao Ma, Xiaoyu Yan, Shangyuan Li, Xinyu Chen, Sifan Chen, Jing Yu
A catalyst- and solvent-free, atom- and step-economical synthesis of dithiophosphinates has been achieved with up to >99/1 Markovnikov regioselectivity.
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